Dall’Introduzione
Sono trascorsi vent’anni da quando il vescovo Lino Garavaglia intraprese per la prima volta in modo sistematico un progetto di ristrutturazione della pastorale territoriale nella diocesi di Cesena-Sarsina. Con decreto datato 17 settembre 1992 veniva infatti costituita una “Commissione di studio per la revisione della struttura geografico-pastorale della diocesi”, composta da sacerdoti e laici, che, dopo tre anni di lavoro, offrì al Vescovo un documento ricco di analisi, valutazioni e proposte circostanziate. Sulla base di tale studio il Vescovo formulò le indicazioni contenute nella Notifica dal titolo L’adeguamento delle strutture e la ridistribuzione del personale pastorale sul territorio della diocesi datata 4 novembre 1996.
Nella Notifica mons. Garavaglia faceva presente, tra l’altro, che sarebbe stato necessario accorpare più parrocchie sotto la guida di un unico sacerdote e che, dove si fossero riscontrate le condizioni, sarebbero nate tra parrocchie omogenee «collaborazioni organiche e continuative» chiamate “unità pastorali”. Consapevole della necessità, anche per i fedeli, di «cambiare consolidate abitudini, adeguando la propria mentalità a quanto di nuovo, talora meno comodo, viene imposto dal bene comune» il Vescovo chiedeva ai sacerdoti in cura d’anime di aiutare i fedeli ad accogliere con spirito di fede e di sacrificio i cambiamenti ormai imminenti.
Il libro sinodale, tre anni dopo, trattava delle unità pastorali confermandone l’opportunità nonostante le difficoltà incontrate nella prima fase di attuazione. Al n. 324 si legge: «Purtroppo la formazione e la conseguente mentalità del passato, riscontrabile anche nei presbiteri, unite alla insufficiente conoscenza del soggetto, rendono difficile oggi l’attuazione di unità pastorali, che sono comunque una reale proposta pastorale innovativa». Ma il n. 353 ribadisce: «Si avviino esperienze di unità pastorale, che possano essere di riferimento per le successive programmazioni».
Affrontata nuovamente la questione dal vescovo Antonio Lanfranchi, il 9 dicembre 2004, in sede di Consiglio presbiterale, fu costituita una nuova commissione col compito di «studiare ipotesi concrete» di unità pastorali. Il 22 maggio 2008 il medesimo Consiglio approvò l’ipotesi finale sulla costituzione delle singole unità pastorali che nel decreto del Vescovo (14 settembre 2008) risultarono ventuno.
Significative variazioni interessarono le zone pastorali, con parrocchie scorporate e aggregate a nuove zone, e con la riduzione delle zone da sette a sei con la fusione di Sarsina e Alta Valle del Savio in un’unica zona. Ma le principali novità presentate dal decreto riguardavano la suddivisione dell’intera diocesi in unità pastorali con l’indicazione di partire subito in una collaborazione dentro la logica dell’integrazione e il superamento della “soluzione di necessità” nel recupero di una effettiva ecclesiologia di comunione.
Non si negava dunque né si sottovalutava l’emergenza determinata dal calo numerico dei sacerdoti e dalla diminuzione degli abitanti avvenuta in molte parrocchie; ma si voleva far leva ancor di più su una impostazione pastorale integrata capace di rafforzare o di avviare effettive collaborazioni tra presbiteri e tra parrocchie vicine.
Terminato il triennio ad experimentum previsto dal decreto di mons. Lanfranchi il nuovo vescovo Douglas Regattieri ha avviato una lunga e approfondita verifica sull’argomento, interessando ad essa presbiteri, comunità, organismi e operatori pastorali in vista di un nuovo Direttorio da consegnare alla comunità diocesana all’inizio dell’anno pastorale 2012-2013.